Eccomi a Capo Sunio, senza alcuna
briga se non esistere
in un nitido ritmo di cieli e di colonne,
felice come il cieco guarito da Serapide
in qualche antica aurora, o come i diecimila
di Senofonte che di fila in fila
sull’ocra arso del piano dal grigio erto del monte
si gridavano il mare il mare il mare –
allora e adesso azzurro e amico, quello,
fresco di sale mattutino, e tanto
liscio che lascia gli occhi regnare in punta d’ali fin là dove
la lontananza è pura chiarità.
Come te, come tutti, nella luce io non sono che un turista,
ma qui sento rispondersi, per un istante, istante e eternità.